Cambiamenti Climatici, due parole all’ordine del giorno, per ragioni ahimè evidenti dovute ai fenomeni che si manifestano sui nostri territori e sulle nostre città, a volte devastandoli, ma anche spesso utilizzate per generare confusione e distrazione di massa. Distrazione sì, perché si preferisce spesso parlare piuttosto che guardare alle possibili soluzioni e metterle in opera. Proviamo a fare un poco di chiarezza, sia per i cambiamenti climatici che riguardano i territori e le regioni, quindi parliamo di clima e meteo nell’area vasta, sia per quelli che riguardano il clima e il meteo a livello urbano, quindi parliamo di microclima.
E quali strumenti abbiamo a livello territoriale e urbano per affrontare questi fenomeni? Gli esperti che intervengono condivideranno la loro esperienza scientifica e lavorativa cercando di fare un poco di ordine.
Si riportano di seguito gli interventi dei relatori.
Il Clima è impazzito?! Cosa succede nei nostri territori e nella nostra Regione?
Pierluigi Randi, vicepresidente AMPRO – Associazione Meteorologi Professionisti
Un problema pressante odierno riguarda l’incidenza delle attività umane sull’aumento di temperatura medio di oltre 1°C nell’ultimo secolo, che detto così non sembra nemmeno tanto elevato, ma in realtà comporta un effetto domino che riguarda la circolazione generale dell’atmosfera e numerosi altri effetti che poi vanno a complicare molto la situazione. L’aumento della temperatura osservato nell’ultimo secolo è preoccupante perché sta avvenendo in maniera molto rapida, come mai in passato. Riguardo all’effetto serra, che è poi la causa principale del riscaldamento, va detto che esiste un effetto serra naturale, fondamentale per la nostra esistenza in quanto senza quest’ultimo la temperatura su nostro pianeta sarebbe di circa 18 gradi sotto lo zero, pertanto per noi la vita sarebbe indubbiamente più complicata, forse improbabile. Questi gas serra che incidono sul bilancio radiativo e termico terrestre sono quindi fondamentali per permetterci di vivere su questo pianeta, il problema è che la loro concentrazione è aumentata anche e soprattutto a causa delle attività umane e questo produce degli effetti diversi. L’aumento della temperatura non avviene in modo omogeneo sul pianeta, ci sono delle zone che sono ritenute hot spot (maggiore sensibilità), ed il Mediterraneo è una di queste, aspetto pienamente dimostrato dai dati osservati. Infatti se analizziamo i dati rilevati in Italia il tasso di riscaldamento è un poco più rapido rispetto al resto del mondo. Ragionando sul nostro territorio e considerando un aumento della temperatura media su base annua ci accorgiamo che c’è una stagionalità, ovvero per quanto tutte le stagioni abbiano mostrato un deciso riscaldamento, l’estate è il periodo che ne ha risentito maggiormente, lo si nota andando a vedere le temperature medie della nostra penisola degli ultimi 50 anni. Quindi è vero che le tipiche estati di alcuni decenni oramai non esistono più, con un aumento in frequenza, intensità e durata delle ondate di caldo.
L’altro aspetto di cui ci dobbiamo preoccupare sono le precipitazioni, il cui regime è cambiato sensibilmente. Facendo una media regionale si nota che le precipitazioni sono diminuite di quantità, non di molto – circa del 5% – il problema è che se aumenta la temperatura di un grado l’atmosfera può trattenere circa il 7% di acqua in più, perché l’aria più è calda più può contenere una maggior quantità di vapore acqueo. Ciò significa che quando si manifesta un fenomeno temporalesco questo ha a disposizione una maggiore quantità di acqua precipitabile in un breve lasso di tempo, aumentando così l’intensità. I dati ci mostrano che l’intensità delle precipitazioni non è in aumento specificamente sulle 24 e 36 ore, bensì sul brevissimo tempo, ovvero 1, 3, 6, massimo 12 ore. E questo comporta che anziché le alluvioni che conosciamo da decenni, ovvero che sono causate da elevate quantità di pioggia continua, ma che cadono in un periodo che va dalle 24 alle 48 ore, e che gonfia di conseguenza a rete idrica (fiumi, etc..), oggi avvengono precipitazioni intense in un tempo più ridotto (1-3-6 ore) su dei bacini imbriferi più piccoli. Essendo fenomeni di breve durata ed a scala assai ridotta (alla mesoscala) sono più difficili da prevedere. Ad esempio a Rimini a giugno 2013, caddero 150 millimetri di pioggia in poco più di un’ora, e l’analisi degli archivi storici ha mostrato che nel passato non era mai avvenuto un altro evento simile. Questi eventi intensi prendono quindi il nome di eventi estremi in quanto molto intensi, ma soprattutto mai accaduti o che si ripetono assai raramente (fenomeni di ritorno di 50 anni e più). In genere questi eventi estremi possono mettere a repentaglio la vita umana o il sistema delle infrastrutture del territorio, creando, come sappiamo purtroppo, forti disagi e ingenti danni.
Per eventi estremi quindi si intendono principalmente le ondate di calore e le precipitazioni molto intense in tempi brevissimi, ma possono manifestarsi anche in altre forme a seconda delle zone.
Altri eventi che stiamo affrontando in quest’ultimo periodo sono la grandine e le trombe d’aria (tornado) o marine. Qui è necessario fare una distinzione. Le trombe d’aria in Italia non sono una novità, infatti sono fenomeni tipici della fascia temperata, quindi dare per assunto che tropicalizzandoci dovrebbero aumentare le grandinate e le trombe d’aria non è corretto. Infatti questi due fenomeni nelle zone tropicali sono tutt’altro che frequenti, le grandinate sono modeste e i tornado piuttosto rari, perché per generarli serve un determinato profilo verticale del vento che alimenta sistemi temporaleschi severi in grado do innescare fenomeni vorticosi o grandinate di grosse dimensioni. Su questi due fenomeni inoltre non c’è un particolare segnale definito per rilevarli per tempo, o si identificano col radar o a vista, e questo porta a una storicità di dati inferiore rispetto alle banche dati per le temperature e le precipitazioni, per i quali gli strumenti sono diversi e distribuiti sul territorio con buona capillarità. Tuttavia anche per grandine e tornado (fenomeni vorticosi), data la necessità di descriverli, esiste un database europeo (European Severe Weather Database) dove vengono archiviati tutti i dati, con un problema: sotto il profilo strettamente meteorologico si archiviano i dati solo quando i chicchi hanno un diametro uguale o superiore a 2 cm. Ma possiamo capire bene che per chi ha un’azienda agricola se cadono 5 cm di grandine con chicchi di diametro inferiore a 2 cm il danno al raccolto sarà comunque notevole (e di conseguenza all’economia dell’azienda stessa), quindi si dovrebbe andare a verificare l’incidenza in base ai dati assicurativi.
Cosa fare dunque? Non è facile. Le cose da fare sono molte e andranno attuate prevalentemente a livello politico. È importante una presa di coscienza, naturalmente misurata, senza estremizzare come invece sta avvenendo con l’effetto Greta Thumberg. Di questo fenomeno va preso il messaggio senza soffermarsi sulla figura che lo trasmette. Non credo che fra 10 anni non ci saremo più, ci saremo ancora, forse saremo messi un po’ peggio rispetto a ora, ma ci saremo.
Domanda del moderatore: In base alla sua esperienza tutti questi fenomeni dipendono davvero dall’opera dell’uomo?
Non possiamo dimostrare che tutto quello che sta accadendo negli ultimi 10 anni sia imputabile all’uomo. Alcuni sì, come per esempio l’aumento delle temperature, la caratterizzazione delle piogge soprattutto relativamente all’intensità, è chiaro che c’è una correlazione con l’aumento dei gas serra, che è dovuto all’uomo. Su altri non possiamo dimostrarlo per ora. La tromba marina che c’è stata a Milano Marittima non possiamo dimostrare che sia dovuta all’uomo perché è un evento singolo, quindi non riconducibile a una forzante climatica a livello globale e di lungo periodo. Bisogna guardare alla frequenza: quindi per esempio se 40 anni fa si avevano le ondate di calore estivo che duravano tre giorni, e non più di tre per ogni estate, adesso troviamo delle ondate che durano 20 giorni, con almeno 5-6 eventi per ogni stagione estiva. Questi sono dati inconfutabili che ci danno modo di confrontare e constatare l’aumento effettivo delle temperature e soprattutto la variazione di molti parametri climatici ad esse legate.