Che cos’è diventato il cibo per noi oggi? Sicuramente, per chi va a fare la spesa, la preoccupazione non è “riuscirò a nutrirmi”. Tutti i giorni abbiamo, infatti, la certezza di trovare almeno un supermercato aperto. L’invenzione del supermercato nasce con la Rivoluzione Industriale del 1870, e nel tempo, tale invenzione, è stata sempre più migliorata, sviluppata, ampliata. Grazie al comfort della “One stop shopping” cioè “tutta la spesa sotto lo stesso tetto”, si ha la percezione del risparmio del tempo trovando tutto il prodotto a portata di mano. Siamo tutti educati a non avere abbastanza tempo perchè diversamente siamo poco produttivi, socialmente inutili e, superata l’innovazione della tecnologia della grande distribuzione, quello che rimane dopo 150 anni di gloria è un sistema al collasso.
Voglio porre l’attenzione, non tanto al “sistema supermercato” in se, ma guardando a tale sistema voglio evidenziare la frenesia della nostra contemporaneità. In fondo “dimmi come mangi e ti dirò chi sei” è un evergreen, infatti se pensiamo alla congestione del traffico delle nostre città (carico urbanistico per alcuni addetti ai lavori) ci rendiamo conto che abbiamo pochissimo tempo per la spesa e per comprendere il valore di quello che davvero compriamo, tanto che dobbiamo correre prima che il punto vendita chiuda e dobbiamo compare tutte quelle inutilità indispensabili alla sopravvivenza.
Il cibo ormai è solo una merce legato a una catena di montaggio che diventa società, la nostra società. Tutto ormai è solo merce, legato alla logistica dei trasporti, al tempo di deperimento della merce, al contenimento dei costi dati da investimenti attivi e passivi e magazzino. Pertanto, o si conoscere il linguaggio business o si assapora la crisi, in qualsiasi settore.
Da alcuni anni si parla di “crisi delle risorse” e di “consumo di suolo”, ma usando il termine “materie prime” e non il termine “merce” c’è una certa e comprensibile dissociazione e difficoltà di comprensione. Il messaggio che bisogna cambiare rotta sull’organizzazione generale dell’assetto della società per modificare il modo di “nutrirsi” fatica enormemente ad essere compreso. Comprendere invece che è opportuno un nuovo assetto generale della società comporterebbe il riattivarsi dell’economia perchè vanno ripensati totalmente i sistemi economici relazionali, i trasporti, le lavorazioni dei prodotti, il modo di consumare il cibo (e non la merce), vanno ripensate le filiere e vanno ripensate in modo intelligente con la dovuta attenzione alla eccessiva produzione di CO2, il tutto va integrato e supportato da un’economia circolare in equilibrio in tutto il percorso. Che cosa stiamo aspettando ancora?